La Rete, la stupidità, l’ intelligenza

 

“Ogni medium che si affaccia rappresenta un’ estensione della nostra sensibilità, ma la sua diffusione finisce per mutarci anche nel modo di ragionare.”

C. Freccero, Espresso 7/2/13

Spesso, sempre più spesso capita di imbattersi in articoli, inchieste giornalistiche, recensioni di saggi e pubblicazioni che ruotano attorno ad un tema: come la Rete cambia il nostro modo di pensare. Le risposte sono naturalmente le più varie; ad un estremo ci sono quelli che potremmo chiamare “catastrofisti”, la cui opinione si può sintetizzare togliendo il punto interrogativo finale al titolo di un libro celebre e discusso: “Internet ci rende stupidi ?”. dall’ altra parte ci sono quelli che potremmo chiamare “utopisti”, che parlano, sempre per usare il titolo di un libro, della “Mente accresciuta”.

 Chi ha ragione ?

Non ho competenze specifiche, non sono sociologo né un esperto di scienze della comunicazione, però in qualità di blogger di (troppo ?) lungo corso qualche idea me la sono fatta, e mi piacerebbe condividerla.

Dunque, l’ argomento principale usato dai sostenitori della “sindrome da stupidità indotta da internet” (IISS, Internet Induced Stupidity Syndrome, questa me la brevetto !) è la perdita della capacità di concentrazione, per via del tasso di distrazione continua prevalente nell’ ambiente della Rete.

Bisogna riconoscere che questo argomento ha qualche fondamento. Confesso di avere subito io stesso l’ invasiva prepotenza della posta elettronica, la “dipendenza da Blackberry”, la consultazione compulsiva ad ogni accenno di vibrazione, prima cosa al mattina appena svegli, ultima cosa alla sera prima di andare a dormire. Col tempo si impara a conviverci, ci si autocensura, si esercita una disciplina, tutto quello che volete, ma la tentazione resta, ed il numero di volte in cui si interrompe ciò che si sta facendo per controllare la mailbox resta preoccupante. Diciamo che si registra un abbassamento del tempo di attenzione, che comunque (va ricordato) anche in condizioni ottimali e senza distrazioni non supera in media i 15-20 minuti. Bisogna esser monaci tibetani per restare concentrati per delle ore…

Ma non è solo questo. La navigazione attraverso la Rete è di per se un elemento di distrazione, ogni pagina è zeppa di link ad altre pagine, e di curiosità in curiosità ci si trova a passare ore davanti allo schermo rimbalzando senza troppo costrutto da un sito all’ altro. Più che navigando, andando alla deriva, verrebbe da dire.

A me, questa forma di surfing casuale attraverso la Rete ricorda tanto lo zapping compulsivo tra i canali televisivi, e questa osservazione mi pare che rappresenti un indizio importante.  Infatti, benché il navigare a casaccio tra i siti web possa apparire una “degenerazione”, credo sia utile chiedersi che cosa abbia realmente sostituito: ore di applicazione allo studio della metafisica kantiana oppure ore di telecomando selvaggio e di esplorazione, per di più del tutto passiva, tra i canali tv ? Solo rispondendo in modo onesto, ciascuno per se, a questa domanda si potrà valutare se e quanto si sia realmente perduto.

Considerazioni analoghe valgono riguardo alla frequentazione dei social networks. Sono luoghi di cazzeggio, è vero,  dove non circolano idee, dove non c’è tempo per leggere né spazio per scrivere, per quello semmai restano (e resistono) i blog; ma forse che il cazzeggio non esisteva prima di facebook ?  Nel Meridione un tempo si andava al circolo, al Nord si andava all’ osteria, ancora adesso ci si vede al bar dello sport, giusto ?

Intendiamoci. Non sto qui negando gli effetti deleteri prodotti dalla Rete, perché è ovvio che questi effetti ci sono; sto solo cercando di metterli nella giusta prospettiva. Nel valutare il mezzo, in definitiva, dobbiamo anzitutto decidere rispetto a che cosa lo valutiamo, da quale punto di vista lo osserviamo: quello del sapere, per dirne una, o quello dell’ intrattenimento ? Perché non c’è dubbio che la Rete abbia entrambe le valenze. E magari, prima di interrogarci su come la Rete abbia cambiato il nostro modo di pensare, chiederci se questo modo di pensare non sia già stato cambiato altre volte, prima che la Rete arrivasse. A questo proposito vorrei ridare la parola a Freccero, la cui conoscenza, unanimemente riconosciutagli, del mezzo televisivo non ha probabilmente eguali in Italia:

“Come la stampa aveva creato l’ uomo rinascimentale, legato alla scrittura, la tv ha disgregato quel mondo, traghettandoci dal mondo moderno al postmoderno: Con la televisione i fondamenti del discorso pubblico, esperienza, argomentazione, contraddittorio, sono mutati in intrattenimento. Le neuroscienze dovrebbero verificare quanto siamo cambiati. Forse avremmo delle sorprese.” (ibidem)

Insomma, niente di nuovo sotto il sole, già la tv ci aveva cambiato la mente, e la stampa ancora prima !

Ora, tranne che nei casi conclamati di dipendenza patologica, mi sembra che l’ uso della Rete non meriti affatto la demonizzazione di cui è oggetto da parte dei catastrofisti. E penso che gli aspetti negativi visti prima non debbano oscurare quanto di buono sia stato portato da internet in termini, appunto, di “mente accresciuta”.

Personalmente, uso la rete in modo massiccio per trovare informazioni, per controllare nozioni, per soddisfare piccole e grandi curiosità. È come avere un oracolo a disposizione, 24 ore su 24, e per di più in forma gratuita, a parte i costi di connessione, un oracolo in grado di rispondere in tempo reale praticamente a qualunque domanda che abbia una risposta.

Ora, mentre dal punto di vista dell’ intrattenimento il parallelo tra rete e tv regge, dal punto di vista del sapere è facile rendersi conto che internet rappresenta un vero e proprio salto di qualità, forse non ancora del tutto compreso nel pieno delle implicazioni.

Il sapere dell’ umanità a portata di clic. Non solamente disponibile, ma accessibile con facilità. La biblioteca di Alessandria. I Sette Savi. Il sogno antico dell’ Uomo: sapere tutto, tutto quello che c’è da sapere. Come si può pensare che un’ innovazione di tale portata, e di tanta potenza dirompente, abbia come effetto secondario quello di renderci più stupidi ?

Lo so, l’ obiezione più comune è che il fatto di avere a disposizione ogni sorta di nozioni senza fatica mina alle basi la capacità di ricordare, rendendo la memoria una facoltà irrilevante, quasi superflua. Ma questa non è affatto un’ obiezione nuova. È esattamente l’ obiezione che gli antichi muovevano alla scrittura, e che Platone sintetizza così:

(…) perché esso (l’ alfabeto) ingenererà oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitarsi la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall’interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria ma per richiamare alla mente. Né tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l’apparenza perché essi, grazie a te, potendo avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà  una sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece che sapienti”

Platone – Fedro, 274-275

Ora, quello che io cerco (e quasi sempre trovo) si Google sono nozioni, informazioni, dati e date, non ragionamenti. Quelli continuo a metterceli io, confrontandomi eventualmente con i miei frequentatori e coi viandanti  in modo molto più efficace di quanto potessi pensare fare nel mio piccolo ambiente “offline”. Quello che trovo su Google sono precisamente la cose che un tempo avrei trovato, con molta più fatica, sull’ enciclopedia o sul dizionario. Oggi le recupero con un clic. Questo stesso articolo sarebbe stato (ancora) più stupido, senza google.

È davvero un problema, allora,o non è invece una straordinaria opportunità ?