Vulnerabile viandante


Vulnerabile, ecco come sto.

Ed anche leggermente stranito da questa improvvisa consapevolezza di vulnerabilità.

Ma cominciamo dall’ inizio.

In macchina, una bolla ben protetta, navicella sovraterrena. Traffico intenso ma scorrevole, così si dice, colonna d’ auto a cinquanta sessanta all’ ora. Temperatura controllata al mezzo grado per il massimo conforto, poltrona comoda ed avvolgente ma non cedevole, motore che fa le fusa e gran vibrare di amadeusiani archi in morbida stereofonia circostante. Meglio che a casa, quasi.

Placido e rilassato nonostante la pioggia scrosciante e la temperatura vicina allo zero, così mi dice, ma è un’ informazione del tutto astratta, il display sul cruscotto. La coda mi evita persino di dover badare al tachimetro, qui notoriamente pullula di autovelox.

È un attimo, proprio un attimo.

La botta di una buca sull’ asfalto, che non è una buca qualsiasi, questo si capisce subito, sento la macchina scuotersi con violenza, due volte in rapida successione, prima la ruota davanti poi quella dietro. Mozart ammutolisce, l’ auto prosegue, ma tira con decisione verso destra, devo contrastare col volante. Rallento e accosto.

Ecco com’ è andata.

Freddo e bagnato, le mani intirizzite, le scarpe infangate, a guardare con rancore due gomme sgonfie ed appiattite sotto i cerchioni. Due. Davanti e dietro.

In mezzo al nulla. O meglio, non proprio nulla. Qualcosa c’è. Freddo. Buio. Pioggia. Vulnerabilità. Aperta campagna.

Sbalzato fuori dalla confortevole dipendenza dalla tecnica avanzata, svanita la bolla protettiva, faccia a faccia con il mondo, senza mezzi interposti. E solo. Pure la fila d’ auto si è dileguata.

Viaggiatore d’ altri tempi ?

Beh, non esageriamo adesso. Non è un collasso tecnologico generalizzato.

Il telefonino è quasi scarico ma c’è. Non è poco.

C’è anche il navigatore, un lusso da leccarsi i baffi. So dove mi trovo. Più o meno.

Tutto questo mi consente, senza troppi drammi, di tirarmi fuori dai guai. Un paio di telefonate, un numero verde, il carro attrezzi nel giro di mezz’ ora.

Una notte imprevista in albergo, il collasso tecnologico viene molto mitigato se hai la carta di credito nel portafogli. Il conto in banca ne soffrirà, ma meglio lui che io.

Infreddolito, bagnato, maldisposto verso il mondo intero. Ma non troppo malridotto.

Domani è un altro giorno.

Ecco perché mi trovo adesso qui, al tavolo del ristorante di questo piccolo albergo a conduzione familiare in un paesino mai sentito nominare prima. La padrona è cordiale, ma mi invita ad affrettarmi, sono quasi le nove di sera, e qui si cena presto, in effetti gli altri tavoli occupati, pochi, sono tutti più o meno a fine pasto. Facile prevedere che finirò la cena da solo nella grande sala.

Non è la cosa peggiore di oggi…

“Mi faccia mangiare bene, per favore, che sono di pessimo umore”, e racconto brevemente i tristi fatti.

Mi prende in parola, la signora, eccome.

Tagliolini fatti in casa con porcini, bresaola con finferli e grana, mezza bottiglia di ottimo Sforzato. Cena da re.

Ristabilito un metabolismo accettabile, subentra la riflessione, vizio radicato, sulla disavventura, che persino ho pudore a definire tale.

Che mi è successo di così grave dopotutto ?

Niente di lontanamente paragonabile a ciò che in un tempo remoto ma poi nemmeno tanto avrebbe potuto farmi finire male.

Viandanti d’ altri tempi, in cammino di verità (ciao Cape !), azzoppato il cavallo, appiedati nel bosco, il buio fitto, l’ ululare di lupi, il fuoco che non s’ accende, tutto è freddo e zuppo di pioggia, e solo c’è da augurarsi che il tempaccio induca i briganti a restarsene al caldo nel loro covo. Nessun aiuto a portata di mano, occorreva cavarsela da soli, a piedi fino al primo villaggio e speriamo che non sia lontano e, soprattutto, che ci sia una locanda.

Re Lear folle nella bufera.

Ecco cosa penso nel dopocena della mia locanda, stavo andando fuori dalla città per il week end,  fuori dalla città e dentro la natura, modo consueto di sfuggire alla stanchezza e ritrovare serenità. Ma un tempo non troppo lontano era proprio il contrario, era la natura il pericolo e la città o borgo o villaggio che fosse la relativa sicurezza. Che sollievo poi, ritrovarsi in città.

I viandanti d’ altri tempi dovevano avere gran buoni motivi per allontanarsi dal borgo, di certo non avrebbero considerato ragione sufficiente un po’ di stress da ufficio…

54 commenti su “Vulnerabile viandante

  1. quellidel54 ha detto:

    Ciao Melo. Viandante metropolitano, scontatosi con una natura che mostra il consueto volto del disagio provato dai tanti che di quella parola non vogliono sentir parlare, oltre che non conoscerne l’indubbio significato.
    basta un contrattempo, nella nostra vita così strenauamente voluta d’appagante monotonia ed ecco che ci ritroviamo se non smarriti, abbastanza confusi.
    La tua fortuna é stata quella di essere cllegato al mondo, con queli sistemi che oramai, per consuetudine, quasi on controlliamo e già un po’ ci vengono a noia.
    Eppure.
    Eppure tutto ciò ci permette di ritrovarci, di scoprire che ancora sappiamo fare un po’ di fuoco, seppur la legna é poca e bagnata. Sappiamo ancora gioire di una cena da i sapori non certo usuali, ma modo per riconciliarci con il creato.
    A riflettere su come la vita ci possa offrire delle verità, ancorché scomode e di come far paragone tra chi lottava, anche in punta di ferro, con gli elementi avversi e chi invece non riesce a scrollarsi del tutto lo stress da cui fugge.

    Ciao Melo, viandante metropolitano; per una sera la verità ti ha cercato senza avere nemmeno il navigatore. 🙂

  2. m0ra ha detto:

    Con questo reportage sfigato ma-non-troppo mi hai fatto venire in mente il film con Benigni e Troisi “Ricomincio da tre”, quello in cui i due si ritrovano catapultati all’indietro nel medioevo, in un paesino di nome Frìttole, dove incontrano perfino Leonardo Da Vinci. Penso che queste situazioni impreviste e un po’ disgraziate ci trovino sempre impreparati, ma il fatto cin seguito la scrittura ti abbia preso per mano diluendo il malumore, mi paiono particolari col potere di cambiare di segno alla situazione. Certo, a non essere solo sarebbe stato meglio 🙄

  3. m0ra ha detto:

    E dai!! Mi sono mangiata un pezzo di frase! E sempre qui, sempre sul tuo blog, checcavolo!
    “Cin seguito la scrittura…ecc…” avrebbe dovuto essere “che in seguito tu abbia raccontato la disavventura alla signora della locanda ed in seguito la scrittura ti abbia preso per mano diluendo il malumore…”

  4. deorgreine ha detto:

    L’imprevisto dà sapore alla vita, nel bene e nel male ed il modo in cui lo si affronta fa la differenza tanto quanto ritrovarsi o meno un cellulare in tasca o un navigatore in macchina.

  5. melogrande ha detto:

    Cape,
    oh s’, mi ha cercato, la verità.
    Avrei tanto preferito lo facesse in un altro momento, ecco, magari non proprio in mezzo al diluvio, ma insomma…

  6. melogrande ha detto:

    Mora,
    sì che me lo ricordo, il film (si chiamava “Non ci resta che piangere”, però).
    Ho un ricordo dell’ eremita che gli gridava “Ricordati che devi morire !”.
    Ecco, magari proprio morire no, però una certa sensazione di vulnerabilità te la fa sperimentare, un’ avventura del genere.
    Decisamente meglio sarebbe stato non essere solo, oh, sì 😐
    In mancanza di compagnia, mi sono rivolto alla scrittura…

  7. melogrande ha detto:

    deorgreine,
    a dire il vero all’ inizio avevo considerato di sedermi in riva al fosso e piangere, ma poi ho capito che non avrebbe troppo aiutato le cose… 😉

  8. egle1967 ha detto:

    Oh Melo, non sai quanto ti comprenda. Mi è successa una cosa simile, lontana da casa, in una località turistica immersa nella natura e non proprio attrezzata tecnologicamente….il cellulare per fortuna non era scarico e neanche il mio spirito pratico lo era…e dopo aver scaricato la rabbia e l’ansia di perdita di controllo, a fine giornata sono arrivata a capire che nonostante tutto questi “imprevisti” possono diventare delle vere opportunità di riconsiderare molte cose che do per scontate. Una per tutte, ma forse la meno significativa, è che senza auto ( l’ho dovuta lasciare là) non si sta poi così male…mi faccio delle lunghe passeggiate prima di arrivare in ufficio e vedo campi, e sento il vento, e il mio corpo che si muove, i miei piedi che lentamente avanzano e comincio la giornata lavorativa di buon umore….
    ciao

  9. melogrande ha detto:

    Sì, egle, hai proprio ragione.
    Di tutto ciò che ci sembra indispensabile, per non parlare di quello che semplicamente “vogliamo”, le cose di cui non si può fare a meno sono davvero poche.

    Se serve a farcene prendere consapevolezza, ben venga anche la disavventura…

  10. deorgreine ha detto:

    Scusate se faccio la pignola, ma quello che gridava “Ricordati che devi morire”, nel film mi pare fosse il Savonarola. E Troisi, vista la foga del predicatore, rispose per rassicurarlo “Sì,sì, mo’ me lo segno!” Era giusto una puntualizzazione… per sdrammatizzare un po’…

  11. melogrande ha detto:

    Era il Savonarola, dici ?
    Non so, era buio e pioveva, non l’ ho visto bene in faccia …
    Però quello che diceva me lo sono segnato, quello sì…

  12. deorgreine ha detto:

    😀 Ecco, allora non era un solo un film!!

  13. quellidel54 ha detto:

    Purtroppo arriva quando meno te lo aspetti e nei luoghi non sempre deputati.
    Però riconoscilo, qualcosa sulle tue capacità di venirne fuori anche un po’ ammacato, te lo ha fatto conoscere o forse te lo ha ricordato.
    Nell’ambascia ci rimedia sempre qualcosa che vien bene.

  14. melogrande ha detto:

    Riconoscolo, Cape.
    Assolutamente…

  15. germogliare ha detto:

    Ecco, come in un breve istante la nostra visione della vita può cambiare. Come si dice: non tutti i mali vengono per nuocere. L’imprevisto ti ha regalato la lentezza del tempo, così da accentuare la riflessione interiore. Accade quando si è predisposti. Io cerco di regalarmeli questi momenti, senza aspettare l’incidente. Basta anche un breve attimo per guardarsi e osservare.
    un saluto

  16. Lillolillopercaso ha detto:

    Saluti al Viandante!
    Le Principesse e i Draghi ci sono ancora, un po’ cambiati; i Briganti pure, e i Lupi.. qualcosa di simile -certo, mica abbiamo stravolto l’ambiente per niente. Vero che c’è chi ha il cellulare a nove bande e la Carta Oro e chi no, ma penso non sia cosa d’oggi.
    Penso che tu abbia colto il punto: la consapevolezza dell’ essere vulnerabili.
    Però non so se è vero che ci si sia allontanati da detta consapevolezza, con tutta la nostra sicumera e il presunto controllo sull’imprevisto. Forse la conoscenza aumenta = l’insicurezza dilaga e ci si barrica nei comfort e negli optional per non pensarci.
    C’è qualcuno che ci riesce o tutti barano?

    L’altra notte, dal treno, guardavo scorrere il paesaggio. Leggermente infastidita dall’ammasso di luminarie che sopraffacevano le stelle, rasserenata dai tratti bui, disabitati. Traevo le tue stesse conclusioni: Un tempo, e mica poi tanto, le emozioni a tale vista sarebbero state ben diverse, direi opposte.

  17. guido mura ha detto:

    Il problema è che ci siamo abituati a sentirci garantiti, troppo garantiti, e invece può capitare all’improvviso qualcosa che ci fa capire che poi tante garanzie non le abbiamo. In realtà può sempre accadere di tutto, magari anche nella jungla urbana, un universo poco raccomandabile creato dall’uomo. Questa sensazione di precarietà crea un’angoscia infinita, che spesso è mascherata dalla bellezza della natura o dalla cordialità degli altri, cose che producono attese positive, che non garantiscono nulla però. In pochi secondi la serenità di una spiaggia assolata può trasformarsi in tsunami o per qualunque motivo gli amici possono voltarti le spalle, Chi ci difenderà dall’imprevisto?

  18. melogrande ha detto:

    germogliare,
    l’ imprevisto mi ha regalato la percezione di un diverso punto di vista, e proprio questo mi ha portato a scriverne, condividere questa percezione.

    Occorrerebbe fermarsi ogni tanto ad osservare, senza aspettare che le circostanze ce lo impongano, hai ragione.
    La vita è ciò che trascorre mentre noi abbiamo da fare…

  19. cKlimt ha detto:

    Gli imprevisti ci tolgono dall’imbarazzante rischio di adagiarci sul fin troppo morbido divano dell’Abitudine.
    Ci vengono a ricordare il dovere di “rimanere vivi e vigili “dentro qualsiasi bozzolo.
    .
    Mi hai ricordato un giorno d’agosto con 39 gradi all’ombra sulla S.Benedetto-Ascoli. Dovevo salire a Norcia quel giorno e all’improvviso la batteria dopo ben 4 anni di onesto lavoro mi abbandona. L’aria condizionata ha assorbito fin troppo e mi spegne l’impianto elettrico. Il tempo giusto di accostare e l’auto non riparte. In 10 minuti l’abitacolo segna 46 gradi Un bagno di sudore da andare fuori di testa. Solo dopo 50 minuti, arriva il carro-attrezzi da Ascoli, che con una flemma incredibile impiega un’altra mezzora per imbragare l’auto e caricarla . Appena salgo sull’abitacolo del carro-attrezzi, il tipo, comincia a parlarmi di Ascoli, mi indica ristoranti e piazzette, specialità e luoghi notevoli da cui scattare foto.
    Si offre pure di andare a svegliare un suo amico elettrauto che nel frattempo fa la siesta pomeridiana.In 10 minuti mi sostituiscono la batteria e mi indicano il parcheggio per salire al centro storico. Un poco perplesso seguo i loro consigli e mi trovo a pranzare im un ristorantino vista piazza principale. Mangio un primo da favola e poi vino del luogo e dolci locali. Mi calmo e capisco che era scritto. Dovevo conoscere Ascoli e il suo abbagliante centro storico. Di pietra bianca. Faccio un giro nel deserto più assoluto delle strade e delle piazze. Pare ci sia il coprifuoco per il caldo. Giro all’ombra dei monumenti, scatto foto, salgo sul campanile, entro in una mostra d’arte incredibilmente aperta a quell’ora e mi rinfresco.
    Esco di nuovo in piazza e mi pareva di stare dentro un quadro di De Chirico. Mi siedo al tavolo d’un bar quasi attendendo la “bambina col cerchio” o il pennacchio di fumo d’un treno
    Mi studio le ombre della fontana e dei palazzi.
    Mi rivedo tre ore prima, tutto sudato dentro quell’auto ferma sulla superstrada. Rido di me e della mia fretta.
    Telefono, rinvio l’appuntamento a Norcia.Mi godo il paesaggio:il fondovalle, gli azzurri sfumati della lontananza, direzione Adriatico e il verde cupo dei boschi, più in alto, sull’Appennino.
    Ordino un vinello frizzante e brindo alla sventura mutatasi in occasione, in apertura dello sguardo, in risveglio.
    .
    Forse è questo che il Destino esige da noi: l’ardire di uno scarto di lato, la destrezza del saper uscire dal binario, il fegato del saltare dal treno in corsa, restando in piedi ad occhi aperti. Decisi a gustare fino in fondo il vino del tempo che non torna.

  20. melogrande ha detto:

    lillolillopercaso,
    (è per ribadire il concetto ? come dire lilloalquadratopercaso ?),
    secondo me sì, ci si è allontanati dal concetto.
    Lo vedo anche quando mi capita di andare in montagna, vedi gente bardata con indumenti tecnici all’ ultima moda che ti isolano talmente bene da farti dimenticare che è un attimo trovarsi nei guai, magari sotto un temporale, con il buio che avanza ed il telefonino che non prende.
    Ogni tanto la consapevolezza della vulnerabilità è salutare…

    ps non sparire di nuovo !

  21. melogrande ha detto:

    guido,
    nella giungla urbana, paradossalmente, siamo più preparati al peggio. Sappiamo che una rapina, uno scippo, l’ aggressione di un teppista, sono cose che possono accadere.
    E’ fuori, che ci sentiamo (talvolta ingiustificatamente) protetti.

  22. melogrande ha detto:

    Carlo,
    è un pensiero che ho avuto spesso anch’ io, l’ idea che il mondo ti mandi dei messaggi, e che non si debba sempre far finta di non vederli. Non è un pensiero razionale, lo ammetto, ma non è nemmeno un fatalismo passivo.
    Ed è un’ idea che spesso ho incontrato sotto varie formulazioni, la migliore delle quali mi sembra quella di Seneca: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt”. Puoi “farti accompagnare” dal destino, ma non metterti di traverso.
    Facendoti accompagnare, a volte scopri che aveva ragione lui, il destino, a portarti dove avevi bisogno di andare e nemmeno lo sapevi…

  23. Insenseofyou ha detto:

    Bello questo modo di raccontarti, suggerisce una consapevolezza di sè e dei fatti della vita che non entra in conflitto con la necessità di accettazione. Tornerò a leggere, qui, se posso … 🙂

  24. cKlimt ha detto:

    Proprio così. La sensazione, (perchè sensazione è e non un credo) è quella che la nostra parte razionale avverta il nostro andare come le rotaie di un binario mentra l’emisfero destro “sa” altro. Sa che non è questo il nostro andare e che non sarà mai un procedere lineare.
    Piuttosto galleggiamo su un fiume, una corrente mutevole e sinuosa, con mulinelli e vortici, rapide, risacche e secche. Sta in noi aderirvi al meglio, abbandonandoci al ritmo interno di quell’andare.Per questo dicevo che è utilissimo ogni tanto scartare di lato, e saltare giù dal treno della Ragione per appropriarci di un universo che ha ben più di tre dimensioni.

  25. melogrande ha detto:

    Insenseofyou, grazie !
    Non che due ruote a terra lascino troppe alternative all’ accettazione, ma capisco bene cosa intendi 🙂 .

    Spero di rivederti da queste parti…

  26. melogrande ha detto:

    Carlo,
    a volte c’è bisogno di qualcosa che ci scuota un po’ la vita.
    Magari non è il caso delle due gomme forate, però, insomma, qualche volta il destino ne sa più di noi…
    (qui se arriva Astro mi ammazza…)

  27. Lillolillopercaso ha detto:

    Melo, forse è vero, in generale.
    Dico ‘in generale’ poiché mi pare che qui, leggendo i commenti, ci sia un bel viavai di non dico guerrieri, ma di persone che perlomeno ci provano.
    E nemmeno tu mi sembri appena caduto dal pero (grande).

    Ps: Dopo le Feste, chiamami pure LilloPerLilloPerTreequattordici

  28. melogrande ha detto:

    Lillo !
    π×(lillo)^2 !!!

    Sei ingrassata così tanto ????

  29. Anna Laura ha detto:

    Ti ringrazio per quello che hai scritto da me.
    Mi spiace che ti sia capitato questo inconveniente…ma i viadanti come te sanno superare e ricominciare il loro viaggio…

  30. melogrande ha detto:

    AnnaLaura,
    non è stato nulla, in fondo.
    Mi spiace davvero della tua situazione, purtroppo ho visto condizioni simili e so quanta forza ci voglia per reggere.
    Meglio dieci forature, garantito !

  31. Lillolillopercaso ha detto:

    menomale che Simba è vegetariano e/o insettivoro; tra i vari imprevisti in cui potrei incorrere, l’essere mangiata (viva) mi è sgradito. Mica per altro: che insegnamento ne potrei trarre, o meglio, a che mi servirebbe?
    Ah, sì, lo so a che servirebbe.
    Stuzzico la tua curiosità.

  32. Un’amica di vecchia data sta realizzando con un manipolo di audaci una sorta di agriturismo meditativo sui colli abruzzesi

    il compagno è un maestro di meditazione zen nonchè dottore in fisica.

    mi è giunta folgorazione: mi ci trasferisco mollando tutto e come pagamento del mio vitto ed alloggio edificherò un osservatorio a disposizione dei viandanti ove riscoprire in pace ed in semplicità la via per le Stelle.

    nessuno ha progetto per un generatore a pedali ?

    intanto che mi alleno, dò corrente alle montature dei telescopi

    meditate gente meditate…
    mia sa che non è poi un’idea del tutto bizzarra.

    ciao Melo

    ci si rilegge (se non scappo in abruzzo….)

  33. 00chicca00 ha detto:

    sai penso che a volte capitano cose che a ben vedere poi non sono male del tutto
    essendo un viaggiatore incallito ho avuto momenti simili e anche a volte più complicati quando al posto della macchina c’è un aereo, ma devo dirti che alla fine non potrei vivere senza questi “momenti” che arrivano quando gli pare e se ne vanno nel modo che credono meglio!
    qualche volta in simili frangenti ho anche conosciuto persone che sono diventate parte del mio vivere
    ciaooo
    chicca

  34. P. ha detto:

    Adoro l’emisfero destro

  35. melogrande ha detto:

    lillo,
    a parte la curiosità di vedere un leone dall’ interno, non riesco proprio ad immaginare cosa potresti ricavarne…illuminami !

  36. melogrande ha detto:

    Astro,
    generatore a pedali ?
    E che ci vuole ?

    Facci sapere, che veniamo a trovarti nell’ agriturismo in Abruzzo (spero solo che cibo e bevande non siano di tua scelta).

  37. melogrande ha detto:

    chicca,
    sono sicuro che ne avresti, di storie da raccontare…
    Ho certi ricordi di viaggio che mi vengono ancora i brividi.

  38. melogrande ha detto:

    P.
    dicono sia quello da cui si gode il panorama migliore… 🙂

  39. Lillopercaso ha detto:

    Solita roba: NON trasmettere alla specie geni di dabbenaggine, o, nel caso sopravvivessi, trasmettere geni più prudenti.. (in generale: io non trasmetto più nulla direttamente)

  40. Carolina ha detto:

    E’ bello essere viandanti ed è bello ricordarsi di essere vulnerabili. Esserne consapevoli, aiuta, a mio avviso. Ci sono riti che vengono ripetuti, identici al millimetro, da secoli. L’uomo che parte (poco importa se “da fuori -a dentro” o viceversa) è uno status dell’essere umano, quasi archetipico, sicuramente fondamentale come figura, per esempio, nel viaggio dell’eroe, nello story telling e nella narrazione romanzata. A volte basta poco per scoprirsi “finiti”, nel senso di “non eterni” e non intoccabili dal Fato.

  41. melogrande ha detto:

    lillo,
    beh, però anche vedere l’ interno del leone non era male…

  42. melogrande ha detto:

    carolina,
    nell’ archetipo del viandante, per non parlare del viaggio dell’ eroe, sono previste le disavventure, altrimenti di che si narra ?
    Insomma, sono già stato fortunato a non incontrare un orco, o un drago…

  43. Lillopercaso ha detto:

    Una volta mio cuggino gli ha fatto ingoiare una lampadina

  44. paolazan ha detto:

    anch’io voglio perdermi! (e se mi sono persa magari non me ne sono nemmeno accorta…)

    …e dire che credo, se ben ricordo, di avere pure rischiato!

    sì, credo che la parola chiave sia consapevolezza

  45. paolazan ha detto:

    illuminami! quando, dove, come fu?

  46. melogrande ha detto:

    Mmmm.
    No, penso di no.

    🙂

  47. paolazan ha detto:

    non solo non ricordavo l’episodio come fonte di ansia e preoccupazione per il rischio che magari (forse) stavo correndo… (piuttosto, visto l’epilogo positivo, lo ricordavo come fonte di piacere!!) ma neanche vedendo il riferimento a MOTTARONE, ho colto subito! pertanto la conclusione è che C’ERO, MA NON C’ERO! (ah, la memoria!)

    • paolazan ha detto:

      devo assumere dei pungolatori e sollecitatori di ricordi… e dire che sono nota per essere una raccontatrice di aneddoti! credo che siano i percorsi associativi che mutano… i cassettini dell’archivio della memoria di ciascuno portano etichette diverse!!

      grazie mille!

  48. melogrande ha detto:

    Vero anche questo !

    😀

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