Crossing


 

È sul mare che tutto comincia perché è il mare a segnare il primo confine.
Fra quello che c’è e quello che non c’è, fra ciò che si sa e ciò che non si sa, tra vita vissuta ed avventura.
La migrazione terrestre è avventura anch’ essa, ma non segna discontinuità, è esplorazione. Il mare invece porta in se l’ idea di altro, di irrimediabilmente altro e diverso, inconciliabile.
Così pure il cielo, millenni più tardi, ma quella è tutta un’ altra storia, perché a quel punto l’ idea di altro ormai c’ era e nulla doveva essere costruito mentalmente ossia inventato se non il mezzo meccanico per arrivarci.
La conquista del cielo assomigliò alla generalizzazione di un teorema.
Ma il mare.
 
Chi inventò la navigazione ? Come ci arrivò ?
Di sicuro avrà osservato un’ altra terra in lontananza, distinta ma a portata di mano, un’ isola vicina, forse persino la sponda opposta di un golfo o fiordo, lontano ma lì, a portata di mano ancorché impossibile o molto difficile da raggiungere. La Terra, poi l’ Altro, poi di nuovo la Terra. Un ignoto da superare per raggiungere nuovamente il noto, solo così è concepibile la sfida. L’ Altro come un transitorio fra due Noti, altrimenti chi mai avrebbe osato avventurarsi nell’ assolutamente Altro col rischio di precipitare giù dal bordo dell’ orizzonte ?
Questo l’ inizio di tutto.
 
Poi, quando la tecnica è nota, allora ci si trova a padroneggiare ciò che non è più l’ assolutamente Altro, ma il diversamente noto. Il mare.
A quel punto cambia tutto, a quel punto si può persino pensare di andare avanti, senza pretendere di vedere l’ arrivo, fiduciosi di possedere il diverso elemento, di riuscire a governare, se il dio non alza la voce, di poter andare avanti o alla peggio tornare indietro ma tornare.
Più illusione che realtà, a dire il vero, per lungo tempo governare l’ imbarcazione fu il sogno di ogni capitano, la barca in realtà seguiva più i voleri del vento e delle correnti che quelli del timoniere.
 
Il mare è margine e, da sempre, è sul margine che accadono le cose interessanti, è lì che gli dei mostrano più liberamente il loro volto. Sul margine irredento, per così dire.
 
L’ ottimismo scientista degli anni Cinquanta e Sessanta era arrivato ad ipotizzare una colonizzazione del mare, così come dei pianeti. Vivere in un altro elemento.
Un’ illusione, anzi due.
 
L’ estraneo resta estraneo, senza rimedio, il margine resta lì a porre la sfida e, forse, definire un’ identità.
 

14 commenti su “Crossing

  1. astrogigi ha detto:

    il mare e' in grado di fondersi col Cielo, assumendone il colore,
    resta comunque piu' vicino all'uomo che ci si puo' anche immergere avvertendone l'abbraccio.

    Il Cielo lo respiri.

    GB

  2. feritinvisibili ha detto:

    .. così, tanto per nostalgia (ed essere di poche parole, che nel cuore dell'inverno si gelano facilmente, auguri anche a te Melo)

  3. capehorn ha detto:

    Il mare. L'elemento liquido, richiamo ancestrale, nel quale siamo nati e cresciuti.
    Proprio questo legame ci spinge all'acqua e a considerarla in tutte le sue manifestazioni un segno divino. Sopranaturale.
    Le grandi civiltà si sono formate e hanno prosperato accanto al mare e da esso hanno tratto forza, potenza e memoria futura.
    Su di  esso e per mezzo di esso si sono compute grandi imprese.
    Ora questo speciale legame sembra spezzato.
    Sappiamo navigarlo sopra e sotto, sappiamo saccheggiarlo e anche abrutirlo.
    Eppure negli occhi di un bimbo rimane stupore e scoperta.
    Sarà per l'incessante movimento delle sue acque.
    Sarà che limita lo spazio, finché non si apprendono i mezzi per superarlo ed immergersi in lui, sarà che riesce a fondersi nell'orizzonte con l'altro sogno dell'uomo : il cielo.
    Sarà che dobbiamo ripensarlo non solo come mezzo, ma anche come fine.
    Sarà … però io preferisco il mare verticale.

  4. Diaktoros ha detto:

    Estraneo, certo, se non ci crescono le branchie come in Waterworld !

  5. melogrande ha detto:

    "Ti basta andare su una costa e alzare lo sguardo, e già l' immensa distesa del mare abbraccerà il tuo sguardo. E' significativo il fatto che l' uomo, quando si trova su una costa, guardi spontaneamente dalla terra verso il mare aperto, e non, al contrario, dal mare verso la terra.
    (…) D' un tratto ti si apre dinanzi un mondo diverso da quello della terra e della terraferma.
    (…) La domanda cruciale è dunque questa: qual' è il nostro elemento ? Siamo figli della terra o del mare ?"

    Carl Schmitt – Terra e Mare

  6. shappare ha detto:

    Sincero e vivido.
    Complimenti,
    s.

  7. MaryCS ha detto:

    Mentre questo pomeriggio camminavo sulla spiaggia deserta… osservavo il cielo fondersi nel mare… senza linea di continuità… e più che confine, margine, la sguardo liquido d'azzurro mi sembrava un trampolino per l'infinito…

  8. cheyenne2007 ha detto:

    ciao melogrande – leggendo il post rimane la voglia di una 'seconda puntata' sullo stesso tema…

  9. east_acton ha detto:

    Nella definizione di un limite risiede anche l' evidenza di quanto ne è al di fuori.
    Ciao

  10. melogrande ha detto:

    Ogni confine separa il mondo in due, e per ciò stesso definisce. Senza un limite non c' e' definizione neppure di se stessi.

    A volte i confini sono netti, a volte, invece, sfumano come fa il mare con il cielo.
    Forse proprio allora nasce l' idea che un confine può anche essere varcato per vedere cosa c'è di là, ed un limite può essere superato.

    O almeno vale la pena provarci, costi quel che costi…

  11. Lillopercaso ha detto:

    Da bambina, come tanti, giocavo ad essere un naufrago sbattuto sulla battigia: guardavo con riconoscenza i gabbiani volare, affondavo con gioia le dita nella sabbia non più mobile del fondo, gioivo nel riconoscere palme e capanne (o meglio, cabine e ombrelloni immaginati come tali).
    Ed esaurito il facciamo che ero un naufrago, spostando un po' la prospettiva  (filo-sauri come  quasi tutti  bambini) giocavamo a facciamo che ero il primo anfibio e strisciavo fuori dall'acqua respirando a fatica, graffiandomi il ventre sulla sabbia ferma,  osservavo con terrore le strane creature che volteggiavano su di me, e con timore quelle cose alte e verdi che bloccavano la vista (solite cabine). Forse per questo è così appagante stare dentro l'acqua, e vien voglia di nuotare senza fermarsi mai verso l'orizzonte, … fuorché rendersi conto all'improvviso di quel che c'è e potrebbe esserci sotto .  Oggi l'Altro è piuttosto quello.

    Ma il punto centrale è quel che proponi tu: l'Altro mentale, quello che ognuno di noi si trova ad affrontare da piccolo allorchè prende coscienza di non essere IL mondo.
    L'Umanità bambina avrà fatto lo stesso percorso su vasta scala? E il Mare avrà catalizzato questa spinta verso la crescita ed espansione mentale? e chissà che non sia stato anche il richiamo ad un ritorno all'unità, una specie di utero?

    Bah, i discorsi uterini, per me, segnano un altro confine: oltre il quale si va a dormire.
    Peccato non poter chiaccherare per qualche ora. Scrivere in scioltezza mi riesce difficile, adesso.
    Ciao

  12. Ligeia666 ha detto:

    sono nata su una piccola isola, pur essendomi familiare, il mare mi fa paura…

  13. melogrande ha detto:

    Il mare fa paura come l' Altro.
    E' proprio per quello che viene l' idea di affrontarlo, no ?

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