Tutto è relativo

Ebbene si. Sono un relativista, e pure laico.
Lo ammetto.
Anzi no, non lo ammetto. Lo dichiaro.
Per dire poi che si tratta, tanto per cambiare, del rispetto per le parole, del non usarle come clave o armi improprie, ragionarci, usarle solo a ragion veduta.
 
E poi, anche questo è relativo …
Per un fisico, la parola relativista indicherebbe specializzazione.
Fisica quantistica vs fisica relativista, e si dannano da decenni per cercare di metterle d’ accordo.
In bocca ad un cattolico invece il termine ha valore di insulto, e non dei più leggeri.
Essere relativista vuole dire fare di ogni erba un fascio, vuole dire credere che ogni cosa valga quanto qualsiasi altra, l’ una o l’ altra non fa differenza, non esistono valori assoluti.
Un relativista in casa è una rovina, porta alla dissoluzione della società.
Un momento.
Uno che sostiene quelle cose non è affatto relativista, è nichilista semmai.
Ed i laici non sono affatto nichilisti.
E allora ?
Allora, “relativo” dovrebbe essere il contrario di “assoluto”, giusto ?
Assoluto, dal latino “ab-solutus”, vale a dire “sciolto da legami”. Una cosa “assoluta” è una cosa che ha valore in sé, senza rapporto con nient’ altro, assoluto è un postulato matematico, per dire.
Un postulato si accetta o non si accetta, non è materia di discussione.
Una persona religiosa ha riferimenti e valori “assoluti”, perché si fondano sulla divinità, sulla rivelazione, sul trascendente. L’ assoluto è affare di fede, non di opinione.
Relativo invece vuol dire il contrario, vuol dire che ha rapporto con gli altri, che si correla a posizioni e principi diversi.
Essere relativisti vuole dire riconoscere che esistono idee e posizioni diverse, tutte legittime, e riconoscere a tutte queste idee diverse il diritto di esistere.
Questo però non vuole dire che il relativista creda a tutte queste idee, o che non creda a nessuna, o che le metta tutte sullo stesso piano, come se avessero tutte lo stesso valore, per cui l’ una o l’ altra è lo stesso, non cambia niente.
 
E’ un campo che mi viene familiare, perché la mentalità scientifica è proprio una mentalità relativistica.
Lo scienziato diffida delle verità assolute.
Il metodo della scienza è un cammino ostinato e paziente verso la verità fatto ad approssimazioni successive, ma proprio per questo privo di certezze.
Lo scienziato ideale parte dai fatti, per spiegare i quali avanza una teoria.
Una volta che questa teoria gli sembra fornisca una spiegazione soddisfacente dei fatti, la propone.
A quel punto, il lavoro suo e di tutti gli altri scienziati che si occuperanno di quella teoria è quello di cercare in tutti i modi di mettere in difficoltà la teoria stessa.
Inventare esperimenti, chiedersi quale dovrebbe essere il risultato secondo le previsioni di quella teoria, poi fare davvero l’ esperimento e vedere se la previsione era giusta.
Fino a quando una teoria continua a superare gli esami, viene ritenuta valida.
E’ chiaro però che si tratta di una patente di validità provvisoria, perché nessuno, nemmeno l’ autore stesso, oserebbe affermare che quella teoria sarà SEMPRE in grado di superare tutti gli esami e che MAI potrò essere confutata.
Niente verità assolute. Relativismo.
La teoria viene accettata con riserva, provvisoriamente, ben consapevoli che molto probabilmente non si tratta di una verità assoluta e che, se anche davvero lo fosse, una verità assoluta, non ci sarebbe modo di accertarsene. Non potremmo saperlo.
Però una cosa di sicuro si sa, ed è che ogni nuova teoria ha un contenuto di verità superiore alle teorie precedenti, per il fatto semplice di saper spiegare tutto quello che le teorie precedenti spiegavano “più uno”, cioè più qualcosa che le teorie precedenti non riuscivano a spiegare e quella nuova si, per questo la nuova è stata preferita ed ha soppiantato la vecchia.
 
Ma questo vuole dire che il relativismo non è cieco.
Pur consapevole di non possedere una verità assoluta, non per questo il nostro scienziato arriva a pensare che allora ogni teoria vale quanto qualsiasi altra, tanto è tutto uguale, e nessuna avrà mai valore assoluto.
Nessuno scienziato penserebbe che, visto che l’ astrofisica non rappresenta e non può rappresentare una verità assoluta, allora non c’è differenza con l’ astrologia.
 
E’ questa l’ estensione indebita, la torsione che si vuole dare alla parola che proprio non mi piace. E mi fa anche un po’ arrabbiare. Il relativismo non implica affatto che non si abbia una scala di valori.
 
Semplicemente, non si ha la pretesa di avere in tasca la verità, e si rinuncia alla tentazione di imporre i propri valori a chi magari ne riconosce altri. Non attribuire lo stesso valore ad astrofisica ed astrologia non vuol dire necessariamente pretendere di censurare gli oroscopi sui giornali, non so se mi spiego.
Ad un relativista riesce facile riconoscere diritto di cittadinanza a tutte le idee, a tutte le convinzioni, anche quella a cui personalmente non crede.
 
Il relativismo sta al cuore della democrazia, dice Zagrebelski, ne è carattere fondante addirittura, il presupposto per sbarrare la strada all’ assolutismo, sia quello religioso che tira la società verso la teocrazia integralista, sia quello ideologico che ha insanguinato il novecento.
Grazie, no. Mi tengo il mio relativismo.
 
Mi resta in mente una frase, ingenua magari, retorica forse, ma di una persona che per le sue idee il prezzo lo aveva pagato e pure alto, sette anni di carcere, otto di confino, persino una condanna a morte per tentata evasione, a guerra quasi finita, col rifiuto di chiedere la grazia, e questa non è retorica, questo merita rispetto. Sandro Pertini.
Combatto le tue idee, ma sono pronto a morire perché tu abbia il diritto di esprimerle.
L’ essenza del relativismo.
Non omologazione di tutto con tutto ma rispetto immenso.
Non si tratta di riconoscere a tutte le opinioni lo stesso livello di verità, niente affatto, le tue idee non solo non mi convincono ma le avverso, altro che fare di ogni erba un fascio.
Si tratta di riconoscere semplicemente che chi ha idee differenti va convinto, non eliminato.

11 commenti su “Tutto è relativo

  1. Dilia61 ha detto:

    tu dirai che e’ un controsenso… ma io penso sia possibile avere certezze assolute ed essere relativisti
    il fatto di avere una certezza, non vieta ad una menta aperta di ascoltare tutte le variabili, mettersi in quelle “scarpe” , per poi rafforzare ancora di piu’ quella certezza…
    essere relativisti incasina la vita (io lo sono), non avendo sempre dei paletti fissi, e continuando a guardare le cose dalle diverse angolazioni, e’ difficile poi prendere decisioni.
    Su una determinata ed oggettiva questione io psso avere la mia verita’, ma se mi sposto e mi metto al posto di un’altra persona, posso sposare anche la sua verita’, diventa quindi piu’ difficile la scelta di quale verita’ sia piu’ giusta per me, a volte e’ possibile mediare certo…. ma non sempre si riesce.
    Certo e’ che il relativismo porta ad avere una mente aperta portata alla tolleranza ed all’accettazione delle diversita’

  2. utente anonimo ha detto:

    Vero quanto scrive melogrande.
    A riprova qualche considerazione in merito al relativismo giuridico. Cosa per me più facile che non parlare di relativismo scientifico.
    Il relativismo giuridico si esprime nel fatto che le leggi sono soggette alla storia, alla cultura, al modello economico che uno Stato si dà in un determinato tempo. Allo stesso modo del pensiero scientifico, anche il pensiero giuridico muta nel tempo e questo è un dato che tutti noi constatiamo.
    Certo ogni sistema giuridico pone a proprio fondamento dei principi cardine, principi imprescindibili ma poi detti principi vengono riflessi e declinati dalle singole norme in funzione di quello che è il comune sentire di ogni singola cultura. Da qui le differenze, talvolta radicali, tra i diversi ordinamenti giudici.
    Detta differenza non induce però ad affermare la supremazia di un sistema giuridico sull’altro. Così, noi riteniamo valide le nostre leggi in quanto ci garantiscono una vita sostanzialmente in linea con quelli che sono i valori della nostra cultura, ma allo stesso modo le leggi di un Paese in cui il comune sentire è altro hanno devono godere di pari dignità. Possiamo non condividerne i principi e l’applicazione ma si tratta comunque di un complesso di norme che uno Stato si è dato. Sistema di norme che deve essere riconosciuto valido fino a quando quello Stato è riconosciuto legittimo dalla comunità internazionale ed agisce legittimamente.
    Quanto sopra non significa che, per chi si dice relativista, non vi siano differenze in termini di valore tra un sistema di diritto ed un altro e che tutti i sistemi giuridici si equivalgono. Le differenze ci sono e ogni gruppo sociale difenderà le leggi sulle quali regola la propria vita ma si deve consentire ad altri di darsi altre leggi ed il diritto di difendere tali leggi finché le sentiranno giuste.
    Fino a qui mi sembra vada tutto bene. Questo tipo di relativismo, al pari di quello scientifico, non mi sembra abbia molti seri avversari, ma mi rendo conto che le cose cambiano quando oggetto della riflessione è il relativismo filosofico.
    Il relativismo filosofico affonda le proprie radici nella filosofia dell’immanenza il cui postulato fondante è: tutto è immanente all’uomo, non si dà alcuna realtà trascendente.
    Da qui si deriva necessariamente non solo che Dio non è il Creatore del mondo ma non ne è nemmeno il Legislatore.
    Va da sé che chi fonda la propria vita su di un credo religioso, qualunque credo religioso, non possa accettare una società ontologicamente relativista (si potrà dire. Speriamo.).
    Ma nessun relativista (tale non sarebbe) chiede a chi è credente di abbandonare il proprio credo religioso ed i valori che da questo derivano bensì di accettare chi pone a base della propria vita altri valori.
    Agli avversari del pensiero relativista si chiede di non lasciarsi tentare da similitudini ingiustificate: il relativista dando pari dignità a tutti i valori finisce per non avere alcuno.
    Invero il relativista riconosce a valori diversi medesima dignità ma difende i valori che sente rispondere alle proprie istanze culturali e medesimo diritto riconosce agli altri.. Né si deve cadere nella trappola che porta ad affermare che per il relativista non sia dia etica. Un’etica “laica” è possibile (se mai avremo modo di ragionare della cosa spiegherò le ragioni delle virgolette”.)

    Infine una piccola divagazione ma che dice molto.
    Leggevo un breve saggio sull’identità dell’Occidente e mi sono sorpresa ad annotare quanto sotto:
    “…Ma questo destino è quello anche della Germania, allorché scoppia la Prima Guerra Mondiale è chiaro che i nemici della Germania, per esempio Francia, Inghilterra, Stati Uniti, tendono ad escludere la Germania dall’Europa e tanto più questo vale per quanto riguarda la Seconda Guerra Mondiale, mentre invece nel corso della guerra fredda la Germania viene considerata parte integrante a tutti gli effetti dell’Occidente. … Ci sono stati dei momenti in cui persino l’Europa nel suo complesso è stata espulsa dall’Occidente, si pensi all’espressione “emisfero occidentale”, che rinvia alla dotrtirna di Monroe, alla dottrina in base alla quale appunto gli europei non hanno diritto di intervenire in questo emisfero occidentale o emisfero continentale o emisfero americano, che comincia ad essere definito come l’area di influenza degli Stati Uniti; ecco, in questo caso l’Europa sembra effettivamente estranea all’Occidente.” Domenico Losurdo.
    Certo il contesto è un altro ma leggendo il passaggio di cui sopra ci si accorge che persino i concetti che ci appaiono i più consolidati in realtà acquistano significato e valenza diversa in funzione del periodo storico, delle ragioni politiche ed economiche. Per noi europei Occidente ed Europa sono tutt’uno. Mai un europeo si penserebbe fuori dall’Occidente ma per chi agisce in un’altra aera di influenza geopolitica non sempre vi è questa coincidenza tra Europa ed Occidente. Quindi l’Europa continua ad essere “il vecchio mondo”.
    Perdona la divagazione ma il brano che ho riportato, oltre ad indurmi a riflettere sull’Occidente e alla questione della sua identità, mi ha fatto pensare anche al tuo post.

    Mi chiedo se mi disturbino affermazioni del tipo: il relativismo è un male assoluto. Il relativismo porta inevitabilmente al nichilismo, tanto è breve il passo dalla negazione di Dio al Nulla. Il relativismo è il venir meno dei valori etici. La “dittatura del relativismo” sarebbe una rovina. Armiamoci e combattiamolo. Che non vinca il relativismo (consentimi di renderlo soggetto agente)
    No, sinceramente non mi disturba affatto. Questo non per indifferenza ma proprio perché sono relativista (brutta, però questa parola). Riconosco ad ognuno il diritto di difendere i principi in cui crede. Che io li condivida o meno non rileva affatto. Faccio mie le parole di Sandro Pertini che hai ricordato.

    hesse

  3. melogrande ha detto:

    Non vedo contraddizione fra l’ avere delle certezze ed il non desiderare di imporle agli altri, tanto più che stiamo parlando, saremo tutti d’ accordo, di certezze soggettive e non oggettive. Mi spiego.
    Che due più due faccia quattro io non lo “credo”, io lo “so”, e se necessario lo posso dimostrare. Con qualche difficoltà in più credo di poter dimostrare che il Colosseo esiste.
    Ma sull’ inesistenza di Dio io prove certe non ne ho, come non ne ha chi crede il contrario.
    Se prove ci fossero, noi “sapremmo” e non avremmo bisogno di credere (secondo la religione, a quel punto non ci sarebbe neppure merito, ma questo è un altro discorso).
    Però, se non ho le prove, non posso neppure pretendere che tutti condividano quello che credo io, vi pare ?
    Adesso proviamo a spiegarlo ad un fondamentalista, non necessariamente islamico.

  4. Dilia61 ha detto:

    perche’ no, le certezze soggettive mica debbono per forza essere oggettive, in fondo loro hanno le mie certezze anche se in modo estremo e deviato

  5. utente anonimo ha detto:

    …cioè relativismo = rispetto della libertà altrui?!

  6. Dilia61 ha detto:

    anonimo io direi proprio di si

    MELOGRANDE RICORDA CHE SEI STATO NOMINATO!

  7. melogrande ha detto:

    Mah, io parlerei proprio di rispetto per le idee altrui, o almeno di consapevolezza ed accettazione del fatto che le proprie verità non sono le uniche possibili.
    E’ chiaro che questo comporta anche una disponibilità a consentire agli altri la massima libertà possibile anche sul piano dei comportamenti, devo pensare di non avere il diritto, se sono cattolico, di imporre la messa domenicale per legge né, se sono ateo, di proibirla per legge. Vivi e lascia vivere.
    Però poi lì sul piano dei comportamenti intervengono altri fattori e nascono altri problemi. La faccenda si complica. Il rispetto per la libertà altrui assoluto non può mai essere, deve rimanere nel contesto dei principi che ci siamo dati per dare un senso alla comunità.
    Per dire, se uno professa un’ antica religione precolombiana che prevede sacrifici umani, pur nel dovuto rispetto per il serpente piumato come archetipo eccetera eccetera, occorre anche dirgli, con cortese fermezza, che no, i sacrifici umani non li può proprio fare.

    Sono pure d’ accordo con hesse che relativismo è proprio una brutta parola, ma quando le parole vengono usate come armi, chi le usa cerca proprio di sceglierle più brutte che può.
    Accusare qualcuno di essere tollerante e rispettoso, non funziona tanto bene come insulto.
    Accusarlo di relativismo, non sentite come suona più efficace ? Sembra tutta un’ altra cosa.

  8. utente anonimo ha detto:

    A chi poneva la domanda
    relativismo = rispetto della libertà altrui?
    Rispondo non solo questo bensì lasciare che tutti vivano la propria vita secondo i propri intimi e profondi convincimenti.

    Demian

  9. utente anonimo ha detto:

    …se uno professa un’ antica religione precolombiana che prevede sacrifici umani, i sacrifici umani non li può proprio fare perchè non sarebbe rispettoso della libertà (alla vita) del sacrificando!

  10. utente anonimo ha detto:

    intimi e profondi convincimenti sempre rispettando la vita altrui.
    Mi scuso se non l’ho precisato nel precedente commento.

    Demian

  11. utente anonimo ha detto:

    Relativismo che vuole essere tolleranza (intendendosi vera apertura verso chi è altro e non condiscendenza che sottende sempre un senso di superiorità da parte di chi tollera) e dialogo contro la presunzione di essere i soli portatori di valori assoluti. Presunzione che troppo spesso induce coloro che tali si ritengono ad imporre detti valori agli altri. Magari per la loro salvezza eterna. Magari per il loro bene terreno. In nome di questa convinzione sono state commesse e si commettono cose terribili.
    Innegabile però che ci può trovare in situazioni che su di un piano morale ci impediscono di tollerare, di dialogare.
    Così ad esempio non si potrà mai accettare il dialogo con chi asserisse la liceità di far violenza ad un bambino, con chi professasse la liceità dell’omicidio. In questo caso il dialogo manca a priori. Mai si discuterà se in questi casi si dia o meno un crimine. E questo perchè, pur riconoscendo pari dignità a sistemi di valori diversi, tra questi valori ve ne sono alcuni imprescindibili e non negoziabili. Si pensi al rispetto per la vita e della dignità della persona. Si dà quindi la necessità di individuare un minimo di universalismo etico.

    Questo commento deriva dalla lettura di un saggio di Cluadio Magris. Saggio che mi trova in disaccordo su molti punti ma che mi ha indotto a precisare meglio quanto intendevo dire.

    Trascrivo dal saggio di cui dicevo: “ Una democrazie liberale deve permettere a un individuo quasi tutto – le sue idee, i suoi piaceri, i suoi desideri, le sue manie – e vietargli categoricamente quelle poche cose che possono fare di lui un aguzzino – grande o piccolo – di altri individui”

    Demian

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